31 Gen “Vi svelo i prossimi 25 anni di Internet”
Parla il padre del web Tim Berners-Lee che all’Italia dice: “Sfruttate la Rete, vi renderà più ricchi”
“COME VA in Italia con il web? È vero che state un po’ recuperando il ritardo?”. L’intervista con Tim Berners Lee comincia al contrario. Il papà del world wide web chiede informazioni sul paese dove è appena atterrato e dove passerà due giorni intensi: oggi lancio della campagna di Tim che lo vedrà come testimonial di lusso su tutte le tv all’insegna della generosità della rete; domani mattina, in una sala della presidenza del Consiglio, un seminario con cento esponenti dell’agenda digitale italiana per fare il punto sulle cose da fare alla vigilia di un pacchetto di decreti sul digitale; e la sera bagno di folla sul palco dell’Auditorium per i 40 anni di Repubblica , uno dei primi giornali del mondo ad andare sul web che non a caso festeggia con chi il web lo ha creato.
Lui ha appena festeggiato il 25esimo compleanno del primo sito della storia, una paginetta in bianco e nero con la spiegazione di cosa fosse un ipertesto (un testo con dei link, per dirla banalmente; la base del web, sostanzialmente). Il 20 dicembre scorso il Cern di Ginevra, dove lavorava quando a 35 anni inventò il www, ne ha celebrato le nozze d’argento, “anche se io francamente non ricordo fosse davvero quel giorno, secondo me era novembre, ma non importa, il web per qualche motivo viene festeggiato ogni anno”.
Non è strano: dipende se uno considera la prima proposta che il fisico inglese fece al suo superiore, quella dove gli risposero che era vaga ma eccitante; il primo prototipo, che si chiamava Enquire e finì male perché il dischetto dove era scritto il codice andò perduto; o il primo sito, appunto, realizzato con il NeXT, un avveniristico personal computer che Steve Jobs fece quando non era in Apple. “Per il web non ci fu un vero momento di inizio quanto piuttosto un percorso non ancora finito”, dice col tono paziente di chi questa frase l’ha già detta un milione di volte.
Venticinque anni dopo il primo, i siti web nel mondo sono quasi un miliardo: cosa resta da fare?
“Le cose che vediamo sono così meravigliose che uno può dire che la missione ormai è finita. Ma ci sono tante persone che non sono connesse alla rete, il lavoro da fare è ancora tanto. E poi va aggiunto che il modo in cui molte persone usano la rete non è il massimo, non è esattamente quello strumento per collaborare che avevo immaginato 25 anni fa”.
Siamo in una fase in cui ogni giorno qualcuno dice che la rete è pericolosa e che il web è “rotto”, non funziona come dovrebbe. È diventato uno strumento di censura e sorveglianza di massa o per vendere i nostri dati.
“Il web non è diverso dall’umanità, che è fatta di cose orribili e altre meravigliose. Chi accusa il web di avere un lato oscuro, dovrebbe riflettere sul fatto che quel lato oscuro è nell’umanità stessa. Ciò detto io sono ottimista e resto convinto che il saldo finale, il bilancio di una umanità più connessa resta positivo. In ogni caso è un buon segno della maturità di Internet il fatto che la gente si faccia delle domande sugli effetti del web”.
In Europa gli ultimi dati dicono che c’è un rallentamento del digitale: la crescita di nuovi utenti mostra segni di stanchezza. Una parte della popolazione inizia ad essere diffidente?
“Pensate a uno che vive su una montagna, perché dovrebbe cambiare il suo stile di vita con la rete? Magari non capisce perché dovrebbe farlo, teme di perdere le sue tradizioni. Che fare? Difendere quelle tradizioni ma portare lo stesso la rete sui cucuzzoli delle montagne e gentilmente spiegare che questo renderà la loro vita migliore. Consentendo allo Stato di avere servizi pubblici più efficienti e meno costosi”.
L’Italia si sta finalmente muovendo, ma ancora oggi in tutte le classifiche è in fondo: qual è il suo consiglio?
“Un paese come il vostro, con tanta cultura, con tanta bellezza, non merita di stare così indietro. È uno spreco incredibile. Credo che sia importante far passare il messaggio che il digitale non sono migliora la vita, la rende più facile e divertente, ma contribuisce in modo determinante alla crescita economica. Vi rende più ricchi”.
Abbiamo il più alto numero di non utenti di Internet: 23 milioni. Come convincerli?
“Credo che usare la televisone pubblica sia l’unica strada. Come ha fatto la Bbc nel Regno Unito, serve la tv per contribuire al cambio di paradigma culturale necessario ad abbracciare consapevolmente il digitale. Le persone che guidano la Rai lo hanno capito che hanno un obbligo civile di svolgere questa missione?”.
Venerdì il consiglio dei ministri approva finalmente il Foia, il Freedom of Information Act che consentirà a tutti i cittadini di ottenere informazioni e dati dalla pubblica amministrazione: è una svolta?
“Dipende. Può esserlo. Gli Stati Uniti hanno un Foia molto efficace, il Regno Unito lo sta indebolendo. Dovete fare un Foia vero, con poche scuse per negare i dati ai cittadini”.
La Camera dei deputati ha approvato all’unanimità un Bill of Rights di Internet che però per ora è solo un insieme di raccomandazioni. Serve davvero?
“Sì, in tutti i paesi serve stabilire un insieme di principi sulla vita digitale. Ma poi è fondamentale che il governo li metta in pratica”.
Lei da oggi è testimonial di un grande operatore telefonico e delle rete: come si concilia con le sue battaglie in difesa della neutralità della rete che gli operatori invece contestano per fare più profitti?
“Ne ho parlato con l’amministratore delegato di Tim, Marco Patuano, e posso dire di averlo trovato aperto sul tema. Ma è una questione che riguarda tutti gli utenti, ciascuno di noi deve impegnarsi su questo”.
In occasione del suo 60esimo compleanno le hanno dedicato una grande statua in bronzo: a parte i dittatori credo che sia l’unico essere vivente ad averne una. Come lo vive?
“Le dico solo che preferisco non guardarla”.
È immortalato con un zainetto in spalla mentre cammina.
“Perché la mia missione non è finita”.